Il Narciso, Ansbach, Kretschmann, [1697]

 ATTO TERZO
 
 Piaggia montuosa selvaggia e deliziosa.
 
 SCENA PRIMA
 
 TIRRENO ed URANIO
 
 TIRRENO
445Non ti atterir. Come l’amor depose,
 l’odio ancor deporrà. Nota ho la figlia,
 cangia col nuovo dì pensieri e voglie.
 URANIO
 Al mio presente affanno
 confidarsi nel tempo è duro impegno.
 TIRRENO
450Finiran di placarla
 i miei detti, i tuoi prieghi.
 URANIO
                                                   A’ fieri assalti
 de’ fulmini e de’ venti
 vidi immobil le rupi alzar la fronte.
 TIRRENO
 Qual constanza ti fingi in cuor di donna?
455Orsù, l’ora è vicina
 de’ giuochi usati. Io là ti attendo. Intanto
 serena il ciglio e tregua imponi al pianto.
 
 SCENA II
 
 URANIO
 
 URANIO
 Gran che! Lesbin mi disse
 che per Narciso arda Cidippe e questa
460sia la cagion che mi disprezza e fugge.
 Così un premio di fede il lampo solo
 di straniera beltà spesso distrugge.
 
    Alma di donna
 più spesso impiaga
465pupilla vaga
 che antico amor.
 
    Più due begl’occhi
 che lunga fede
 trovan mercede
470ne l’incostanza
 d’ingrato cuor.
 
 SCENA III
 
 NARCISO ed ECO fra gli alberi nascosta
 
 NARCISO
 
    Ogni petto arde d’amore;
 non sa solo amar Narciso.
 
 ECO
                                                 Narciso. (Sentendo egli chiamarsi si guarda intorno e, non vedendo alcuno, segue il suo canto)
 NARCISO
 
    Non mi fa
475mai pietà l’altrui dolore;
 né m’incanta un bel sorriso.
 Ogni petto arde d’amore,
 non sa solo amar Narciso.
 
 ECO
 
                                                 Narciso.
 
 NARCISO
 Parmi o m’inganno. Olà chi parla meco?
 ECO
                                                                           Eco.
 NARCISO
480Sei tu ninfa gentil? Dove ti ascondi?
 Il tuo labbro soave a che mi chiama?
 ECO
                                                                     Ama.
 NARCISO
 Tu d’amor sì rubella,
 tu ad amar mi consigli? E ancor ti sembra
 così vile il mio cuor? Ma qual sarebbe
485degna ninfa di me, de l’amor mio?
 ECO
                                                                 Io.
 NARCISO
 E che non t’amo? E forse
 disdegnoso ti fuggo?
 Forse non ho pietà de’ tuoi tormenti?
 ECO
                                                                      Menti.
 NARCISO
 Teco io mentir? Sai pur che grata e cara
490al par di te ninfa non trovo in queste
 solitarie foreste.
 Tu accompagni i miei passi, io seguo i tuoi
 e vuoi che t’ami? E tanto amor non basta?
 ECO
                                                                              Non basta.
 NARCISO
 Troppo mi sembri oggi importuna. Ah senti...
495Che fo? Con chi m’adiro?
 Son io ben folle a contrastar co’ venti.
 ECO
 Gentil garzone.
 NARCISO
                               Amata ninfa.
 ECO
                                                         Oh dio!
 Si accordasse col labbro il cuore almeno. (Da sé)
 NARCISO
 Più de l’uso mi sembri
500lacrimosa e dolente. E qual ti turba
 cura sì grave?
 ECO
                             Aimè!
 NARCISO
                                           Tu taci! E solo
 con sospiri interrotti e tronchi accenti
 mi risponde il tuo duolo!
 ECO
 Vorrei...
 NARCISO
                   Di’! Che vorresti?
 ECO
505Pietà...
 NARCISO
                Nel volto mio leggila impressa.
 ECO
 Vorrei; ma...
 NARCISO
                           Che paventi?
 ECO
 Che tu...
 NARCISO
                   Siegui.
 ECO
                                   Non oso.
 NARCISO
 Getta l’inutil tema!
 ECO
                                      Amassi alfine...
 NARCISO
 E chi?
 ECO
               Non più. Già intendo.
 NARCISO
510Che?
 ECO
             In linguaggio più muto il tuo pensiero,
 quanto il labbro è pietoso, il guardo è fiero.
 
    La pietà, che giura il labbro,
 niega il ciglio e mi spaventa.
 
    Tu lusinghi i mali miei
515ma in conoscer qual tu sei
 la lusinga mi tormenta.
 
 SCENA IV
 
 NARCISO e poi CIDIPPE
 
 NARCISO
 Certo amante è costei. Certo obbliata
 ha la natia fierezza e di cotanta
 viltà ha rossor, non pentimento. Tace
520per timor d’irritarmi e più s’attrista.
 Così fiamma vorace
 cresce sepolta e maggior forze acquista.
 CIDIPPE
 Narciso, idolo mio!
 NARCISO
                                      Ninfa, una volta
 lascia d’importunarmi o ch’io m’involo.
 CIDIPPE
525Ferma, crudele, il passo,
 forse ti chiedo amor? Chiedo che solo
 tu ascolti il mio martire,
 tu vegga il mio morire.
 NARCISO
 Odi, o Cidippe. Uranio t’ama e langue
530misero, addolorato.
 Tu, che non l’ami? E chi tel vieta?
 CIDIPPE
                                                                Il fato.
 NARCISO
 Qual fato ora ti fingi?
 CIDIPPE
 Quello de’ tuoi begli occhi, ove due stelle
 con influsso nemico
535ruotano a’ miei disastri e tu, spietato,
 tu, che non m’ami? E che tel vieta?
 NARCISO
                                                                  Il fato.
 CIDIPPE
 Deh m’ama, o caro.
 NARCISO
                                      Ama tu Uranio ancora.
 CIDIPPE
 Io per te peno.
 NARCISO
                              Ei per te muor.
 CIDIPPE
                                                            Io tutta
 per te già mi consumo.
 NARCISO
                                             Egli ti adora.
 CIDIPPE
540L’amerò, quando in volto
 li mirerò i tuoi lumi.
 NARCISO
                                         Io quando in fronte
 a folgorar ti miri
 pupille più serene o più vivaci.
 CIDIPPE
 Forse non ho beltà?
 NARCISO
                                       Ma non mi piaci.
 
545   Conosco che sei bella
 ma se non piaci a me, che vorrai far?
 
    Hai fronte ch’è vaga;
 hai sguardo che impiaga
 ma non ti posso amar.
 
 SCENA V
 
 CIDIPPE e URANIO
 
 URANIO
550Chi mai ti crederebbe
 più bella d’un ligustro
 e più fiera d’un angue, o cruda ninfa,
 ape che impiaghi anche col mel sul labbro.
 CIDIPPE
 Ah Narciso, Narciso! (Pensosa tra sé stessa, nulla badi ad Uranio)
 URANIO
555Sapea ben io che piangi
 per beltà che ti sprezza e vuoi, mal saggia,
 seguir ciò che ragiona al cieco affetto,
 non la ragion ma ’l senso.
 CIDIPPE
 Così sprezzarmi? E ’l soffro? E ancor non torno...
 URANIO
560Torna, sì torna al tuo pastor fedele,
 in lui non troverai
 dispettoso lo sguardo,
 disdegnosa la voce.
 Saran suoi voti i tuoi;
565vivrà col tuo desir, col tuo piacere.
 Sarà in due cuori un’alma e tu di quella
 lo spirito sarai.
 CIDIPPE
                               Non più, crudele...
 URANIO
 Torna, sì torna al tuo pastor fedele.
 CIDIPPE
 Uranio! (Lo vede)
 URANIO
                   Idolo mio!
 CIDIPPE
570Che chiedi?
 URANIO
                         Amor.
 CIDIPPE
                                       Deh taci.
 URANIO
 Che, nol merta la fé...
 CIDIPPE
                                          Ma non mi piaci.
 
    Conosco che sei fido
 ma se non piaci a me, che vorrai far?
 
    L’affetto è costante,
575gentile è il sembiante
 ma non ti posso amar.
 
 SCENA VI
 
 URANIO
 
 URANIO
 Odi, o crudel...  Ma sen fuggì qual lampo.
 Tirren m’attenderà. D’uopo è gl’indugi
 romper omai. Più consolato io parto,
580poiché, ad onta de l’ira, in voi ben vidi,
 care pupille, un balenar men fiero;
 e, fra le nubi ancora e le procelle,
 mi additasti la calma,
 o del cielo d’amor lucide stelle.
 
585   Tornami in seno,
 cara speranza.
 
    Raggio sereno
 d’ogni tormento,
 dolce alimento
590de la costanza.
 
 SCENA VII
 
 La valle d’amore.
 
 TIRRENO, LESBINO e coro di pastori e di ninfe
 
 CORO
 
    Dove non giunge, amor,
 il fuoco tuo possente,
 il tuo fulmineo tel?
 
   Qual duro cuor nol sente,
595se ’l sentono l’inferno,
 la terra, il mare e il ciel?
 
 TIRRENO
 Su via, pastori e ninfe, insin che lieto
 per le spiagge vicine erbette e fiori
 va pascolando il custodito armento,
600sediam. Lesbino intanto,
 qual di voi più gli aggrada, inviti al canto.
 LESBINO
 Tirren, tempo fu già che, d’ogni cura
 libero il cuor, fei risuonar quest’antri
 di dolci carmi ed al mio suono arrise
605dal Parnaso vicino il biondo Apollo;
 ma con la doglia in sen,
 qual più poss’io formar voce soave
 che a terminar non vada in un sospiro!
 TIRRENO
 Amor dà spirti al canto. Invan contendi.
610Ecco sen viene il giovanetto Uranio,
 non men di te caro a le muse.
 
 SCENA VIII
 
 URANIO e li sudetti
 
 TIRRENO
                                                        Or seco
 potrai cantar de la tua ninfa i pregi.
 URANIO
 Se non ne sdegni il paragon...
 LESBINO
                                                        Son pronto.
 TIRRENO
 Un mio baston di faggio,
615che già in dono mi diede il vecchio Aminta,
 fia degno premio al vincitor. Noi tutti
 i giudici sarem del canto vostro.
 URANIO
 Cantiam, tu d’Eco, io di Cidippe il volto.
 TIRRENO
 Lesbin principi, Uranio siegua; attento
620ognun taccia. Io già vi ascolto.
 LESBINO
 
    Occhi cari, adorati,
 vive del sol fiamelle,
 occhi non siete, no, ma siete stelle.
 
 URANIO
 
    Labra dolci e soavi,
625cune d’amor vezzose,
 labbra non siete, no, ma siete rose.
 
 LESBINO
 
    De l’aureo crine meno biondeggiano
 le spiche intatte.
 
 URANIO
 
    È assai men bianco del fronte candido
630il puro latte.
 
 LESBINO
 
    Ma con sì gran beltà
 come accordi, idol mio, tanta impietà?
 
 URANIO
 
    Con sì gentil sembianza
 come si unisce, oh dio, tanta incostanza?
 
 LESBINO
 
635   Vedrò prima al mio pianto i sassi piangere
 e sospirare ai miei sospiri i frassini
 che mai poss’io quel duro cuore infrangere.
 
 URANIO
 
    Vedrò prima su l’ali il vento immobile,
 le frondi non cader degli euri al sibilo
640che mai trovi costanza in cuor sì mobile.
 
 LESBINO
 
    Crudel, quanto tu vuoi
 sprezzami, usa rigor;
 amerò gli occhi tuoi,
 ti porterò nel cuor.
 
 URANIO
 
645   Infido e bel sembiante,
 schernisci la mia fé,
 ti adorerò costante
 e vivrò sol per te.
 
 TIRRENO
 Non più, cari, non più, di premio eguale
650degno è l’emulo canto. Ambi vinceste;
 mediterò per ambi egual mercede.
 Or la danza succeda,
 ninfe leggiadre, e qui compisca il giuoco.
 Ma d’amor pria si canti e l’arco e ’l fuoco.
 
 CORO
 
655   Dove non giunge amor,
 il fuoco tuo possente,
 il tuo fulmineo tel?
 
    Qual duro cuor nol sente,
 se ’l sentono l’inferno,
660la terra, il mare e il ciel?
 
 Siegue il ballo di paesani e paesane o vero di pastori e ninfe.
 
 Fine de l’atto terzo